E’ appena uscito il volume di Veronica Santo “Il Giardino delle Polene” (Edizioni della Vigna, ISBN 978-88-6276-048-5, http://www.edizionidellavigna.it/collane/FER/012/FER012.htm), libro che presenta molteplici motivi di interesse. Sia in quanto permette di affacciarsi su una fantascienza contigua alla nostra ma ispirata da una sensibilità differente rispetto a quella a cui siamo abituati, la fantascienza dei balcani; sia per potersi accostare a una autrice “emergente” che offre una interpretazione personale dei tradizionali temi fantascientifici.
Il volume (presentato ai lettori il 7 giugno presso la libreria Enoarcano, Via delle Paste 106, nel pieno centro di Roma), in considerazione dei criteri ristretti adoperati dall’editore nella scelta dei testi – testi di ambientazione nei balcani – da cui poi il sottotitolo del libro e alcune scelte obbligate delle quali la scrittrice non mi ha nascosto il suo dissenso – presenta testi di valore disuguale; tutti però di sicuro interesse, guidati come sono dalla volontà e capacità dell’autrice di dare nuova linfa alla fantascienza; nonché di servirsene per manifestare la propria
personale visione del mondo. Il che è il meglio che si possa dire di un autore. Porsi al servizio della fantascienza certamente sì, ma affinché la fantascienza serva a qualcosa: a far fare ulteriori passi in avanti alla letteratura in genere (quindi alla coscienza umana) e in particolare dare di che pensare alle coscienze critiche di coloro che a questo genere si accostano. Che a questo genere si accostano proprio per avere di che ruminare, di che rendersi conto.
Una sola riserva mi sento di opporre (mi perdonerà Veronica, ma è dovere mio di serietà e onestà; non solo nei riguardi del lettore, ma dell’autrice medesima. Il “tutto va bene Madama la Marchesa” non è il modo migliore di aiutare qualcuno a rendersi conto dei propri limiti e delle strade da intraprendere per superarli): le chiuse dei racconti, non assolutamente all’altezza della forza delle situazioni, delle ambientazioni e delle passioni rappresentate. Troppo soft, troppo sommesse. Troppo più adatte a romanzi (a un certo tipo di romanzo) che ai racconti (in particolare i racconti di Fantascienza). Non esito a affermare che quando avrà appreso a porre in migliore evidenze “le chiuse”, continuando a crescere, potrà diventare una delle stelle di prima grandezza nel firmamento della fantascienza europea.